Carceri del tribunale Execs per impianti chimici su inquinamento idrico PFAS

Un tribunale italiano ha condannato in prigione undici dirigenti di impianti chimici per contaminare l’acqua potabile con sostanze tossiche PFAS.

La sentenza di giovedì ha seguito un importante processo ambientale incentrato sulla pianta Miteni ora chiusa a Trissino, nel nord-est Italia. Il tribunale ha consegnato termini carcerari fino a 17 anni agli ex dirigenti, tra cui due dirigenti di Miteni.

Le persone condannate hanno lavorato per aziende tra cui l’ICIG in Giappone Mitsubishi e Lussemburgo. Il tribunale ha assolto altri quattro imputati.

I giudici hanno ritenuto i dirigenti colpevoli di inquinare consapevolmente acqua e terreno attraverso un’area di 200 chilometri di Veneto. L’inquinamento ha colpito centinaia di migliaia di persone tra le città di Vicenza, Verona e Padova.

I pubblici ministeri hanno affermato che la struttura di Miteni ha trapelato i rifiuti in formazione chimica nei corsi d’acqua locali dal 1968 fino alla sua chiusura nel 2018. Il processo è iniziato nel 2021 e ha coinvolto centinaia di querelanti civili, tra cui Greenpeace e le famiglie locali.

I PFA, o sostanze per e polifluoroalchiliche, sono sostanze chimiche sintetiche utilizzate in prodotti come padelle antiaderenti e tessuti resistenti alle macchie. Non si rompono facilmente. Sono stati collegati a tumori e disturbi ormonali.

In totale, il tribunale ha imposto oltre 141 anni di carcere, oltre la richiesta dei pubblici ministeri di 121 anni. Le parti condannate devono anche pagare oltre 6,5 milioni di euro nella regione di Veneto e 58 milioni di euro al ministero dell’ambiente italiano.

Greenpeace L’Italia ha definito il verdetto “storico”. Il leader regionale di Veneto, Luca Zaia, ha accolto con favore la sentenza, descrivendola come un tanto atteso momento di giustizia.

Il mese scorso, un tribunale ha confermato che la morte di un ex lavoratore del Miteni 2014 per cancro era dovuta alla prolungata esposizione PFAS.